di Stefania Cingia
Khadim varca la soglia degli uffici della Cooperativa Kemay almeno una volta all’anno: per salutare, per dire che è diventato papà, per chiedere come si chiude un conto in banca. Ahmed è uscito da poco dall’accoglienza perché lavora con contratto a tempo indeterminato e quindi può sostenersi, ma ogni settimana passa per offrire il caffè e per sapere come stiamo. Adama non la si vede mai perché adesso vive in Inghilterra, però gli auguri di Natale arrivano puntuali ogni anno alle dipendenti della cooperativa che l’hanno seguita mentre abitava nel centro di accoglienza.
Persone – Dire richiedenti asilo significa richiamare alla mente bambini, donne e uomini che arrivano dopo infinite traversie sulle coste italiane o attraversando i confini terrestri, distrutte, spaventate, sole. Ma per la Cooperativa Kemay, da dieci anni attiva nell’accoglienza sul territorio di Brescia e provincia, l’etichetta “richiedente asilo” è sinonimo di persone. Per la precisione, 2.174. I paesi di provenienza sono diversi, tra i principali troviamo quelli dell’Africa Sub sahariana (Mali, Senegal, Costa D’Avorio, Nigeria, Burkina Faso) e del Nord Africa (Egitto e Tunisia soprattutto), Pakistan e Bangladesh. E con lo scoppio della guerra in Ucraina, dal 2022 anche tante persone provenienti dal paese.
Percorsi – Kemay mette a disposizione di tutti il corso di italiano e chi ha una buona prima alfabetizzazione viene iscritto alle scuole pubbliche: dal 2016 sono poco meno di 300 le persone iscritte al Centro Provinciale Istruzione Adulti (non sono conteggiati i minori, per i quali l’iscrizione alla scuola pubblica è pari al 100%). Dal punto di vista della preparazione al lavoro, 443 persone hanno frequentato corsi professionalizzanti e 128 sono stati inseriti in tirocini lavorativi.
Tolti i minori e qualche caso sporadico, la stragrande maggioranza delle persone accolte trova lavoro nel giro di qualche mese dall’arrivo, e ha la possibilità di avere contratti di lavoro regolari perché in possesso di un permesso di soggiorno per richiesta asilo – che si trasformerà in altro tipo di documento in base all’ottenimento o meno del riconoscimento della protezione internazionale o di altro titolo dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale o dal Tribunale Ordinario.
Nel tempo dell’accoglienza, che è tempo di attesa, le persone si formano, studiano, lavorano e costruiscono relazioni.
Comunità – Dieci anni di accoglienza sono possibili solo se anche i territori si aprono a questa esperienza. Kemay avvia progetti di micro accoglienza diffusa (sullo stile SAI) solo se le comunità parrocchiali si mettono in gioco e decidono di esserci per accompagnare i richiedenti nel cammino verso l’inclusione. Dal 2016, sono state 38 le parrocchie attivate (alcune sono ancora impegnate nell’accoglienza, altre hanno scelto altri percorsi), 9 strutture afferenti a ordini religiosi e 9 sistemazioni differenti (hub, housing sociale, …). Cinquantasei realtà significa centinaia di volontarie e volontari impegnati attivamente nell’accoglienza.