“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32)
di don Maurizio Rinaldi
Quante e quali siano le giornate che il mondo civile e la chiesa dedichino a temi particolari, da porre all’attenzione dell’opinione pubblica o al mondo credente, non ne ho idea, di certo sono molte; nell’ambito della cristianità il confronto sulla opportunità di tematizzare continuamente la domenica accostando all’Eucaristia temi pastorali ritenuti necessari o urgenti è stato vivace per un certo tempo, poi è continuata o prevalsa la prassi. Così ci siamo abituati e forse un po’ assuefatti al moltiplicarsi delle “Giornate per…”: Giornata per la vita, per la santa infanzia, per le missioni, per il malato, per le vocazioni, per la salvaguardia del creato, per la Terra Santa, dell’8xmille, ecc.
Scrivo queste brevi righe per evidenziare ancora una tra queste giornate, in calendario per domenica 15 novembre 2020, la IV Giornata Mondiale dei Poveri, preparata ed accompagnata da un messaggio di Papa Francesco dal titolo “Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32).
Fatto salvo il fatto di essere evidentemente di parte come direttore di Caritas Diocesana, ma nell’onestà di chi pensa complessivamente la Chiesa, la sua origine, il suo mandato, ed il suo percorso passato e presente, mi spendo per dire che forse in questo momento dedicare una giornata ai poveri in diocesi e nelle singole parrocchie non è opzionale, non può essere soggetto alla sensibilità di una comunità o di un gruppo o al gusto di un parroco.
Nella concezione non primariamente pastorale ma prima ancora ecclesiale di Papa Francesco, il povero, in quanto tale, non solo e doverosamente deve essere fruitore dell’attenzione dovutagli, ma diviene esso stesso momento evangelizzante per la chiesa tutta. Nel contesto culturale dell’autoaffermazione e della autosufficienza, il povero ci educa alla lettura e alla interpretazione di un mondo ricco ed estremamente povero di Dio e di umanità; se tutto è davvero connesso, nessuno basta a sé stesso ed il “bisogno” e il “desiderio” diventano le categorie che determinano la dignità della natura umana, che sa chiedere, sa ricevere, non come momenti umilianti e mortificanti, ma come passaggi necessari di una spiritualità autentica per una condivisione vera, per una Chiesa che sia tale.
La carità dunque non è opzionale e diventa la trama comunitaria necessaria ed essenziale nella quale cogliere le povertà di ognuno per condizione per l’arricchimento comune.
Nel messaggio di papa Francesco siamo cercatori di sapienza; la troviamo nella concrezione del presente attuale, che si pone come pro-vocante; in esso riconosciamo Dio, nella dialettica grazia-realtà nella quale ci poniamo come poveri tra i poveri, arricchiti dalla Grazia, in una umanità condivisa. Riconoscendoci poveri in prima persona come chiesa non abbiamo soluzioni complessive, ma la possibilità di porre dei segni-promesse e costruire una litania di opere di bene.
La Raccolta di S. Martino sarà il segno di una opera di bene che rimanda alla promessa di una comunità più Chiesa, più ricca di Dio e di carità.