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Articolo pubblicato sul settimanale diocesano La Voce del Popolo

Il Sarto delle Parole e la Casa Circondariale di Brescia

di Sonia Zapponi

Domenica 7 maggio 2023: una data significativa per il tour de “Il Carrozzone degli Artisti” che, grazie alla preziosa collaborazione con Caritas Diocesana di Brescia e alla partecipazione al progetto “La bellezza della carità. Fragilità, cura, cultura” (BGBS2023), approda alla Casa Circondariale Nerio Fischione di Brescia.

Quello del Carrozzone degli Artisti è un teatro sociale viaggiante che nasce sul campo, creato da persone che condividono nel gruppo le proprie abilità e le proprie fragilità. La strada è il nostro palco, l’arte è la nostra lingua. Un teatro di strada dove il pubblico può scegliere se fermarsi e starci o soffermarsi e andare…via.

Un teatro, quello del Carrozzone, che oggi entra, in punta di piedi, in un luogo dove, apparentemente, l’arte fatica a mostrarsi, apre quei cancelli che delimitano uno spazio fisico e cerca di contaminarsi con ambiente e persone.

Oggi non si va in scena in una piazza ma nel teatro situato all’ultimo piano della Casa Circondariale Nerio Fischione di Brescia: troviamo un palco pronto ad accogliere la nostra scenografia e una platea di sedie a ribalta di legno disponibili per chi sceglierà di venire.

Anche in questo luogo, dove rallentare il proprio fare e imparare convivere con il silenzio è la condizione dello stare, in nostro spettacolo de Il Sarto delle Parole. Per fare un fiore inizia da un punto: “Dal Punto il Silenzio ha parlato e un mondo di parole nuove è cominciato…”. Un inizio, rappresentato da chi ha scelto di calcare quel palco speciale e dagli uomini che hanno accolto l’invito e hanno scelto di essere spettatori per un giorno.

Quello che poi segue è unico. L’energia che si va creando è di forte impatto emotivo, coinvolge e mette in relazione, abbatte il confine palco – platea liberando una spontaneità giocosa ed empatica. Le parole iniziano a volteggiare libere, danzano in aria, finiscono a terra, restano appiccicate agli abiti. Sono parole leggere, parole ammucchiate, parole incandescenti pronte a scoppiare e parole fragili come neve al sole. Alcune parole urlate, altre sussurrate… Parola dopo parola, punto dopo punto, si crea una trama fitta di emozioni, di storie, di pezzi di vite, che si incontrano, si incrociano, si annodano, si contaminano e poi continuano…

E alla fine ci si accorge di quante sfumature esistono anche in luoghi apparentemente privi di colore. Si tocca con mano la resilienza, quella potenza tipica di un soffione, di quel piccolo fiore selvatico, che cresce ostinato tra le pieghe dell’asfalto, e anche tra mille difficoltà va avanti e riesce comunque a germogliare.

Il finale crea un paesaggio surreale dove ciascuno non è altro che un granello di sabbia. Gli applausi, le strette di mano, le parole donate sono piccoli gesti talmente autentici da poter cambiare le cose. Restituzioni che riempiono i cuori degli attori e degli stessi spettatori, che per un pomeriggio hanno volato alto, altrove. “Grazie perché questo pomeriggio ci avete fatto evadere, pur restando dentro.”

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