di Marco Danesi
Con il prossimo mese di agosto, Silvia De Marinis potrà godere della meritata pensione, dopo anni di lavoro spesi tra la Caritas e l’Università di Roma prima e dal 2008 come direttrice dell’Associazione Casa Betel di Caritas Diocesana di Brescia. Ma per Silvia, non si è trattato solo di lavoro.
Una prima caratteristica che ha segnato il percorso professionale di Silvia è l’approccio educativo. Faldoni, cartelle, relazioni contengono le storie e i progetti delle donne accolte in Comunità. Appunti che ne tracciano le fatiche, le sconfitte, i desideri e le aspettative. Percorsi calibrati per ciascuna ma declinati nel “gruppo famiglia” e con il gruppo delle operatrici. Da questi fogli emerge la convinzione di Silvia: ogni donna ha un percorso unico ed originale da scoprire e realizzare insieme agli altri, mai da sola.
La seconda caratteristica è la particolare attenzione al mondo femminile sfruttato e svilito. Presente fin da quando, poco più che diciannovenne, era accanto alle donne della borgata di Primavalle a Roma. Il mettersi accanto a donne fragili, che hanno subito violenza in famiglia, sfruttate e abusate non è stato facile. A tutte ha offerto un’opportunità, convinta che la donna si porta dentro l’esperienza di un grembo che accoglie per ri-generare Vita. Questa è l’esperienza che ad ognuna ha cercato di far riattraversare, lo spirito che la Comunità di Vita ha cercato di far gustare. Far scoprire il bello che ogni donna ha dentro e trovare forme per darlo alla luce.
Infine, il riferimento costante a don Luigi Di Liegro, che ha accompagnato Silvia ad incontrare i “poveri” tra le strade di Roma. Con lui ha iniziato a lavorare nella Caritas Diocesana di Roma, ad occuparsi di formazione e di servizi agli “ultimi”, a “scegliere di donare la sua professione alla Chiesa”.
Grazie Silvia, perché ci hai ricordato sempre che: “Non si può amare a distanza, restando fuori dalla mischia, senza sporcarsi le mani, ma soprattutto non si può amare senza condividere” (don L. Di Liegro).