di Stefano Savoldi
Abbiamo superato anche il quarto mese di guerra. Ci siamo giustamente interrogati sulle ragioni di questa guerra in Ucraina, una guerra assurda come tutte le tante altre guerre dimenticate, ma ora dentro l’Europa, troppo vicina a noi per non sentirci coinvolti direttamente, per non coglierne l’atroce violenza, per non provocare in tutti noi grande commozione ed una forte reazione, mobilitazione e attenzione verso le persone che son scappate cercando rifugio.
La prima grande ondata di arrivi di persone che scappavano dalla guerra in Ucraina è stata assorbita dalla generosità dell’accoglienza informale, attivata soprattutto dalla rete di familiari ma anche in una grande collaborazione tra Comunità parrocchiali e civili che si sono coordinate per mettere generosamente a disposizione tempo, soluzioni abitative, supporto alimentare, sanitario, alfabetizzazione, vestiario.
In questi mesi abbiamo provato a fare la nostra parte anche come Caritas Diocesana di Brescia, nella consapevolezza di dover certo pregare per la fine di questa e di ogni guerra, cercando al contempo di affiancare le Comunità nel farsi compagne di viaggio di chi è stato costretto a fuggire.
Grande la generosità dei bresciani nel sostenere la raccolta fondi: in collaborazione con Caritas Italiana abbiamo da subito supportato le Caritas in Ucraina e nei Paesi limitrofi con uno stanziamento di 100.000 euro. Altri 200.000 euro sono stati destinati alle iniziative di accoglienza che nella nostra diocesi sono state attivate dalle e con le Comunità parrocchiali: a breve seguirà un secondo stanziamento di pari entità.
Progressivamente ci sono stati messi a disposizione da comunità religiose e parrocchiali 140 posti convertiti da maggio nel sistema prefettizio dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), in attesa che ulteriori 86 posti vengano utilizzati a breve dalla Protezione Civile.
Ognuno di noi si augura che tutte le persone che stiamo accogliendo possano quanto prima rientrare nelle proprie abitazioni, ma è una speranza che comincia a scricchiolare laddove i venti di guerra non mostrano spiragli di soluzioni a breve termine. Il timore di trovarci al cospetto di una guerra lunga non ferma in ogni caso l’intenzione della quasi totalità delle persone accolte a voler fare ritorno in Patria: da qualche tempo assistiamo ad un moderato flusso di rientro in Ucraina o trasferimento in altri Paesi Europei per ricongiungersi ai familiari.
L’invito per noi resta quello di farci compagni e compagne in questa frazione di viaggio delle persone che sono giunte sul nostro territorio, per condividere e alleviare le fatiche e le sofferenze, pregando che il Signore Dio ci doni presto la Sua pace.